Circolare per la clientela n. 3/2018 del 21/02/2018

I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA SUL TERZO SETTORE, GLI ELENCHI SPLIT PAYMENT HANNO EFFICACIA COSTITUTIVA, PUBBLICATE NUOVE FAQ SULLO SPESOMETRO, AGGIORNATE LE SPECIFICHE TECNICHE PER L’INVIO DELLE COMUNICAZIONI DELLE SPESE CONDOMINIALI, LA CASSAZIONE TORNA A PRONUNCIARSI SULL’AGEVOLAZIONE PRIMA CASA, ALCUNE NOVITA’ IN TEMA DI PRIVACY

 

L’Agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco ha dissipato alcuni dubbi in merito al Codice del Terzo settore, il DEF chiarisce il momento a partire dal quale i soggetti tenuti allo split payment sono effettivamente obbligati ad adottare detto meccanismo, l’Agenzia delle Entrate pubblica ulteriori FAQ sullo spesometro, aggiornate le specifiche tecniche relative alle comunicazioni dei dati relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati su parti comuni dei condomini, quando secondo la Cassazione è possibile conservare le agevolazioni prima casa nel caso di due immobili di proprietà nello stesso Comune, secondo il Garante della Privacy è vietato svolgere attività promozionale senza consenso, come cambia il diritto di opposizione in materia di privacy: questi i principali argomenti trattati nella Circolare

 

 

Soggetti interessati

 

IMPRESE

 

·         Terzo settore: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

·         Split payment: efficacia costitutiva degli elenchi

·         Spesometro: nuovi chiarimenti forniti con le FAQ pubblicate dall’Agenzia delle Entrate

·         Vietato svolgere attività promozionale senza consenso: scattano gravose sanzioni

 

PROFESSIONISTI

 

·         Spesometro: nuovi chiarimenti forniti con le FAQ pubblicate dall’Agenzia delle Entrate

·         Spese condominiali: aggiornate le specifiche tecniche per le comunicazioni

·         Vietato svolgere attività promozionale senza consenso: scattano gravose sanzioni

 PERSONE FISICHE

·         Agevolazione prima casa: permangono se l’immobile pre-posseduto non è abitabile

·         Come cambia il diritto di opposizione al trattamento dei dati personali nel GDPR

 

 

 

 

SOMMARIO

   
1.     TERZO SETTORE: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE Pag. 2
2.     SPLIT PAYMENT: EFFICACIA COSTITUTIVA DEGLI ELENCHI Pag. 3
3.     SPESOMETRO: NUOVI CHIARIMENTI FORNITI CON LE FAQ PUBBLICATE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE Pag. 5
4.     SPESE CONDOMINIALI: AGGIORNATE LE SPECIFICHE TECNICHE PER LE COMUNICAZIONI Pag. 6
5.     AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: PERMANGONO SE L’IMMOBILE PRE-POSSEDUTO NON E’ ABITABILE Pag. 8
6.     VIETATO SVOLGERE ATTIVITA’ PROMOZIONALE SENZA CONSENSO: SCATTANO GRAVOSE SANZIONI Pag. 9
7.     COME CAMBIA IL DIRITTO DI OPPOSIZIONE AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI NEL GDPR Pag. 10

 

 

 

 

  1. TERZO SETTORE: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle Entrate, nel corso di Telefisco 2018, ha fornito le risposte ad alcuni quesiti in merito al Codice del Terzo settore. Diciotto mesi per adeguare gli statuti delle Onlus già costituite all’entrata in vigore del Codice.

1.1 Terzo settore: termini di decorrenza delle disposizioni

Innanzitutto l’Amministrazione finanziaria ha dissipato i dubbi in merito ai termini di decorrenza della nuova normativa.

A partire dal 1° gennaio 2018 si applicano le disposizioni in materia di:

  • social bonus per Onlus, Organizzazioni di volontariato (Odv) e Associazioni di promozione sociale (Aps);
  • imposte indirette – imposta sulle successioni e donazioni, imposta di registro, imposte ipotecaria e catastale, imposta di bollo, imposta sugli intrattenimenti e tasse sulle concessioni governative – per Onlus, Odv e Aps;
  • detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali per Onlus, Odv e Aps.

Dette disposizioni si applicano anche alle cooperative sociali iscritte nell’albo delle società cooperative, poiché anch’esse sono qualificabili come Onlus “di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 iscritte negli appositi registri”.

Bisognerà attendere invece l’autorizzazione della Commissione europea per le altre disposizioni in materia fiscale.

1.2 Terzo settore: onlus e cooperative

Le Entrate hanno poi fornito ulteriori chiarimenti. In sintesi.

  • Adeguamento statuti Onlus. Entro diciotto mesi le Onlus già esistenti all’entrata in vigore della nuova normativa, dovranno cambiare denominazione in Ets e modificare le parti del proprio statuto incompatibili con le previsioni del Codice.
  • Onlus neocostituite. Ad oggi è ancora possibile costituire nuove Onlus, che però dovranno adeguarsi come illustrato nel punto precedente ed entro i medesimi termini.
  • Esenzione imposta di bollo. L’esenzione riguarda anche fatture emesse ed estratti conto.
  • Decorrenza modifiche TUIR. Le modifiche introdotte all’art. 148, comma 3, del TUIR, che non consentono più ad associazioni assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, di decommercializzare dell’attività resa verso corrispettivo nei confronti degli associati in diretta attuazione degli scopi istituzionali, avranno efficacia quando la Commissione europea autorizzerà l’applicazione delle disposizioni in materia fiscale del titolo X del Codice.

 

 

 

  1. SPLIT PAYMENT: EFFICACIA COSTITUTIVA DEGLI ELENCHI

Con una nota del 7 febbraio 2018 il DEF chiarisce i dubbi dei contribuenti circa il momento a partire dal quale i soggetti tenuti all’applicazione della scissione dei pagamenti o split payment sono effettivamente obbligati ad adottare detto meccanismo.

Il DEF comunica che:

“Relativamente all’efficacia temporale dell’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti, in considerazione della necessità di monitorare e aggiornare costantemente gli elenchi pubblicati sul sito del Dipartimento delle Finanze per tenere conto delle segnalazioni pervenute dagli stessi contribuenti, agli elenchi è attribuita efficacia costitutiva, anche in coerenza con quanto precisato nella circolare n. 27/E del 2017 dell’Agenzia delle Entrate.”

I soggetti interessati sono dunque tenuti all’applicazione del meccanismo dello split payment a partire dalla data di inclusione e pubblicazione del proprio nominativo negli elenchi presenti sul sito del DEF e periodicamente aggiornati a seguito delle segnalazioni pervenute.

Negli elenchi è stata appositamente aggiunta una colonna che indica la data di inclusione dei contribuenti interessati negli elenchi stessi.

 

  Si ricorda che…

 

Il meccanismo IVA definito split payment o separazione dei pagamenti, è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014). Detto meccanismo è regolato dall’art. 17-ter del DPR 633/72: in sostanza a fronte di una fattura emessa da un soggetto IVA nei confronti di un ente della Pubblica Amministrazione, quest’ultima verserà al prestatore o cedente l’importo della fattura al netto dell’IVA, mentre verserà l’imposta sul valore aggiunto direttamente all’Erario.

La manovra correttiva, D.L. 50/2017 ha esteso l’applicazione di questo meccanismo anche ai professionisti, ai soggetti cioè che effettuano prestazioni cui si applica la ritenuta alla fonte a titolo di imposta.

La manovra ha inoltre ampliato la platea degli enti tenuti ad applicare suddetto meccanismo IVA:

  • amministrazioni pubbliche soggette all’obbligo di fatturazione elettronica;
  • società controllate da Ministeri e dagli Enti Locali;
  • società quotate nella Borsa Italiana all’indice FTSE MIB.

Il D.L. 148/2017, collegato alla legge di bilancio, ha ulteriormente ampliato la platea di soggetti tenuti all’applicazione dello split payment:

  • enti o società controllate, direttamente o indirettamente, dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
  • enti, fondazioni o società partecipate, direttamente o indirettamente, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle Amministrazioni Pubbliche.

 

 

 

 

 

 

  1. SPESOMETRO: NUOVI CHIARIMENTI FORNITI CON LE FAQ PUBBLICATE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Entro il 6 aprile 2018 i soggetti passivi IVA sono chiamati a trasmettere all’Agenzia delle Entrate lo spesometro con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA del II° semestre 2017. Il termine di presentazione, in origine fissato al 28 febbraio 2018, è stato prorogato dal provvedimento n. 29190 del 5 febbraio 2018, con il quale l’Amministrazione ha introdotto le semplificazioni previste dal D.L. 148/2017 (decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2018).

Nella sezione “Fatture e corrispettivi” del proprio sito istituzionale, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una serie di nuovi chiarimenti sullo spesometro.

3.1 Bollette doganali

Per quanto riguarda le importazioni di beni da un soggetto extra-comunitario, il cessionario nazionale è tenuto a trasmettere i dati della bolletta doganale di importazione. In tal caso, occorre trasmettere i dati relativi all’imponibile, l’imposta assolta in dogana e i dati del fornitore non residente. Su quest ultimo punto, infatti, a norma dell’art. 25, co. 2 del DPR 633/1972, dalla registrazione della bolletta doganale devono emergere i dati del fornitore non residente, ossia “ditta, denominazione o ragione sociale del cedente del bene o prestatore del servizio, ovvero il nome e cognome se non si tratta di imprese, società o enti“.

Nella pratica, le aziende (per abitudine o limiti del software contabile) registrano la bolletta doganale inserendo una sola anagrafica a fronte del fornitore “bolla doganale”, specificando, fattura per fattura, la denominazione dell’ufficio doganale da riportare nei registri IVA. Visto che il tracciato richiede obbligatoriamente l’indicazione dei campi “Identificativo Paese” e “Identificativo Fiscale”, con la Risoluzione n. 87/E del 5 luglio 2017 le Entrate avevano già consentito, per le comunicazioni relative al 2017, di compilare l’identificativo fiscale del cedente/prestatore extra-UE con dei codici ad hoc, inserendo “00” nel campo “Id.Paese” e una sequenza di undici 9 nel campo “IdFiscaleIVA\IdCodice”.

Con la nuova FAQ pubblicata il 26 gennaio 2018 le Entrate confermano tale semplificazione, ribadendo però l’obbligo di valorizzare in ogni caso i campi sopra descritti. L’Agenzia ritiene, pertanto, che “al fine di non creare aggravi per i contribuenti che dispongono di software contabili che, ad oggi, hanno le limitazioni specificate nel quesito, si consente di valorizzare, all’interno della sezione CedentePrestatoreDTR, l’elemento informativo IdFiscaleIVA IdPaese con la stringa “OO” e l’elemento IdFiscaleIVAIdCodice con una sequenza di undici 9“.

La risposta, a ben vedere, sembra intendere che la modalità sopra descritta resta una possibilità temporanea, in attesa di un adeguamento dei software gestionali.

3.2 Monitoraggio dei file trasmessi

Le Entrate rispondono, infine, ad un quesito sulla modalità di ricerca dei file trasmessi.

“L’elaborazione di un file richiede, normalmente, fino a tre giorni. Finché l’elaborazione non è conclusa, lo stato del file è interrogabile con la funzione di Monitoraggio dei file trasmessi digitando, fra i criteri di ricerca, l’identificativo assegnato al file al momento della trasmissione (mostrato nella banda azzurra che appare nella pagina quando si effettua l’invio).
Al termine dell’elaborazione, se è stato possibile individuare il firmatario del file, l’esito della trasmissione è interrogabile utilizzando anche gli altri filtri previsti dalla funzione di ricerca, altrimenti si può verificare lo scarto cercando il file tramite l’identificativo ad esso associato”.

 

  Si ricorda che…

 

A seguito delle semplificazioni introdotte dal provvedimento 29190 del 5 febbraio 2018, i contribuenti potranno trasmettere, in luogo dei dati delle fatture emesse e ricevute di importo inferiore a 300 euro, registrate cumulativamente (art. 6, commi 1 e 6, Dpr 695/1996), i dati del documento riepilogativo, oltre a compilare facoltativamente i dati anagrafici di dettaglio riferiti alle controparti dell’operazione. L’Agenzia consente comunque ai contribuenti di continuare ad inviare le informazioni necessarie secondo le modalità adottate per il primo semestre 2017 (senza semplificazioni), per agevolare i soggetti che in precedenza avevano già acquistato dei software per ottemperare al primo invio dello scorso anno.

 

 

 

  1. SPESE CONDOMINIALI: AGGIORNATE LE SPECIFICHE TECNICHE PER LE COMUNICAZIONI

L’Agenzia delle Entrate, con provvedimento al protocollo n. 30383 del 6 febbraio 2018, aggiorna le specifiche tecniche relative alle comunicazioni all’anagrafe tributaria dei dati relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati su parti comuni dei condomini.

4.1 Spese condominiali: specifiche tecniche per i dati relativi al 2017

Nel dettaglio, tenendo ferme le disposizioni del provvedimento n. 19969 del 2017, vengono introdotte le seguenti novità:

  • nel caso in cui vengano trasmessi codici fiscali non validi entro il termine fissato al 28 febbraio 2018, il soggetto obbligato deve effettuare un invio sostitutivo dell’intera comunicazione, provvedendo alla correzione dei dati relativi ai codici fiscali segnalati entro il predetto termine ovvero, se più favorevole, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione di errore da parte dell’Agenzia delle entrate;
  • nel caso di trasmissione, nei tracciati record di dettaglio, di codici fiscali non validi, l’intero file viene accolto e la ricevuta reca in allegato l’elenco di tali codici fiscali non corretti e il soggetto obbligato deve effettuare un ulteriore invio come le modalità previste nel punto precedente.

4.2 Spese condominiali: casi particolari

Le Entrate, inoltre, nel corso di Telefisco 2018, hanno fornito alcuni chiarimenti circa casi particolari che si rilevano in fase di trasmissione dei dati relativi agli interventi di ristrutturazione o di riqualificazione energetica sulle parti comuni dei condomini, ai fini della precompilata.

In particolare:

  • se la spesa relativa ad una singola unità immobiliare deve essere ripartita tra più comproprietari, vanno compilati tanti record di dettaglio quanti sono i soggetti cui è attribuita la spesa;
  • nel caso in cui i posti auto, autonomamente accatastati, siano pertinenze di unità abitative, l’amministratore di condominio, per ciascuna unità abitativa, deve compilare un record per ogni condomino cui sono state attribuite le spese per l’unità abitativa e i posti auto;
  • se uno dei proprietari è una società, nel record relativo all’unità abitativa posseduta il campo 21 della sezione “Situazioni particolari” va valorizzato a “1” (considerando l’ipotesi in cui non sia stata effettuata la cessione del credito) e non deve essere compilata la successiva sezione “Dati del soggetto al quale è stata attribuita la spesa”;
  • se la cantina è la pertinenza di una unità abitativa, l’amministratore deve compilare un record di dettaglio per ciascun condòmino a cui sono state attribuite le spese per l’unità abitativa e la pertinenza, e nel record vanno indicati i dati catastali dell’unità abitativa;
  • se la cantina è autonomamente accatastata ma non è pertinenza di una unità abitativa, nel record vanno indicati i dati catastali della cantina;
  • l’amministratore deve indicare, nel campo 25, l’importo della spesa attribuita, in base al piano di riparto, al soggetto il cui codice fiscale è indicato nel campo 23, e non la spesa effettivamente sostenuta; quest’ultima informazione deve essere fornita con la compilazione del campo 26 “flag pagamento”, in questo modo gli importi effettivamente pagati confluiranno nella precompilata del contribuente, mentre gli importi attribuiti e non pagati saranno indicati nel foglio informativo.

 

 

  1. AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: PERMANGONO SE L’IMMOBILE PRE-POSSEDUTO NON E’ ABITABILE

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2565 del 2018, afferma la possibilità di conservare le agevolazioni prima casa nel caso di due immobili di proprietà nello stesso comune se l’immobile lasciato è oggettivamente inidoneo.

5.1 Agevolazioni prima casa: il caso di specie

Il caso di specie riguarda una coppia di coniugi che si è vista recapitare da parte dell’Agenzia delle Entrate due avvisi di decadenza dalle agevolazioni prima casa poiché risultavano, al momento dell’acquisto dell’immobile oggetto degli avvisi, già contitolari di altro immobile sito nel medesimo comune.

I contribuenti hanno rilevato che l’immobile di cui erano già proprietari al momento dell’acquisto del secondo immobile, è “privo dei requisiti di abitabilità, ragion per cui né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo poteva essere considerata idonea casa di abitazione”.

Sia la CTP che la CTR hanno rigettato i ricorsi dei contribuenti, basando la sentenza “sul presupposto della idoneità oggettiva dell’alloggio ad essere adibito ad abitazione, tenendo conto che i ricorrenti avrebbero potuto richiedere il mutamento di classificazione dell’immobile”.

5.2 Agevolazioni prima casa: la sentenza della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2565 del 2 febbraio 2018, accoglie invece il ricorso dei contribuenti.

La Suprema Corte, infatti, non ritiene d’ostacolo “all’applicazione delle agevolazioni ‘prima casa’ la circostanza che l’acquirente dell’immobile sia al contempo proprietario d’altro immobile (acquistato senza agevolazioni nel medesimo comune) che ‘per qualsiasi ragione’ sia inidoneo, per ridotte dimensioni, ad essere destinato a sua abitazione”, citando la sentenza n. 11564 del 17 maggio 2006.

La Corte cassa dunque la sentenza con rinvio al giudice di merito che dovrà attenersi al seguente principio:

“In tema di agevolazioni prima casa, <<l’idoneità>> della casa di abitazione pre-posseduta va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che ricorre l’applicazione del beneficio anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze dell’interessato.”

 

 

  1. VIETATO SVOLGERE ATTIVITA’ PROMOZIONALE SENZA CONSENSO: SCATTANO GRAVOSE SANZIONI

Alla vigilia dell’entrata in vigore del GDPR, il Garante della Privacy fa sentire la sua voce e commina una sanzione pari a 840.000,00 euro ad una nota società di telecomunicazioni rea di aver fondato una vera e propria campagna promozionale sul recall ad ex clienti.

La società infatti ricontattava un elevato numero di vecchi clienti che le avevano negato il consenso al trattamento dei dati personali per finalità promozionali o non lo avevano mai concesso. Scopo della campagna propagandistica era quello di verificare un eventuale cambiamento di interesse da parte degli ex clienti.

Il Garante della Privacy, con il provvedimento del 22 giugno 2016, confermato dal Tribunale di Milano che ha rigettato il ricorso della società avverso la decisione dell’Autorità, ha accertato che la società svolgeva un illecito trattamento di dati personali, in quanto mancante del consenso degli interessati del trattamento e con l’ordinanza del 18 gennaio 2018 ha ingiunto alla società il pagamento della sanzione.

Si è trattato di un comportamento contrario alla disciplina sulla privacy che gli operatori economici sono tenuti a rispettare, ma non solo.

La società stessa infatti era stata destinataria di un altro provvedimento del Garante nel 2007, in base al quale essa avrebbe dovuto adottare le doverose misure per rendersi compliance rispetto alla normativa sul trattamento dei dati personali da essa effettuato, con specifico riferimento alle operazioni di marketing e pubblicità svolte attraverso chiamate commerciali ai clienti.

La società avrebbe dovuto chiedere il consenso ai clienti alla ricezione delle chiamate promozionali, mantenendo traccia di tale consenso, prima di avviare il trattamento e quindi la campagna promozionale, come richiesto dal Codice Privacy e come fortemente auspicato dal GDPR che richiama gli operatori ad una condotta maggiormente responsabile sul trattamento dei dati.

Secondo il Garante, peraltro la condotta della società sarebbe stata pienamente consapevole e non basata su mera negligenza, infatti essendo essa già stata ammonita dall’Autorità e avendo interloquito con la stessa in diverse occasioni, avrebbe acquisito le linee guida per operare rettamente nel rispetto delle norme, dei provvedimenti e dell’orientamento del Garante della Privacy.

 

 

 

  1. COME CAMBIA IL DIRITTO DI OPPOSIZIONE AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI NEL GDPR

Il diritto di opposizione è disciplinato dal GDPR all’art. 21 in maniera differente rispetto alla disciplina che per lo stesso diritto era prevista dalla direttiva n. 46/95/CE. Il GDPR, infatti, stabilisce che in alcune specifiche tipologie di trattamento di dati personali, l’interessato del trattamento possa esercitare il diritto di opporsi, solo adducendo motivi legittimi connessi alla sua situazione particolare, ovvero quando il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico, effettuato per scopi di ricerca scientifica, storica o statistica oppure connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento o anche se il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, anche quando nell’ambito di tale trattamento è prevista la profilazione.

Si tratta delle finalità di trattamento fissate all’articolo 6, paragrafo 1, lettere e) o f) del GDPR. Vi sono quindi delle differenze, tra il diritto di opposizione esercitato nei casi in cui il trattamento rientri nelle finalità innanzi descritte e quando invece è esercitato avverso operazioni di marketing diretto. Nel primo caso, l’interessato può opporsi solo motivando la sua decisione, l’art. 21, infatti, prevede che egli possa opporsi in tali circostanze solo per motivi connessi alla sua situazione particolare, quindi adducendo motivi legittimi alla sua decisione. Il titolare del trattamento deve astenersi dal trattare ulteriormente i dati personali, a meno che non provi l’esistenza di motivi legittimi cogenti per procedere al trattamento che prevalgono sugli interessi, sui diritti e sulle libertà dell’interessato oppure per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria, motivi che il titolare del trattamento deve comunicare all’interessato, informandolo anche della possibilità di esercitare reclamo davanti al Garante.

Qualora, invece, si tratti di trattamento finalizzato ad attività di marketing diretto (compresa la profilazione connessa al marketing diretto), l’interessato può opporsi in qualsiasi momento, in tal caso, dunque, il suo diritto è assoluto, nel senso che non è tenuto a motivare l’esercizio della propria decisione di opporsi; il titolare, se l’interessato esercita tale diritto, deve esimersi dal procedere con il trattamento, salvo che l’attività di marketing diretto non rientri nell’interesse legittimo del titolare stesso che deve in ogni caso comunicarne l’esistenza all’interessato alla prima occasione.

Il titolare, peraltro, è tenuto, comunque, ad informare l’interessato in maniera chiara, specifica (l’informazione deve essere evidentemente separata dalle altre) e trasparente della possibilità di esercitare il diritto di opporsi al trattamento, delle modalità attraverso le quali poterlo fare e dell’eventuale esistenza di un suo interesse legittimo al trattamento. Così ad esempio, se si tratta di operazioni svolte mediante il web o comunque nell’ambito delle comunicazioni elettroniche, efficace per soddisfare le disposizioni del GDPR, è offrire un meccanismo automatizzato che consenta all’interessato di esercitare l’opt-out e fermare così agevolmente il trattamento per questa finalità.

Ciò significa nella sostanza che se all’interessato vengono inviate via SMS promozioni relative ad un servizio da lui acquistato, ma ad esempio in scadenza, qualora l’interessato esercitasse il diritto di opposizione, la sua richiesta dovrà essere tracciata e memorizzata e il suo numero di telefono dovrà essere evidenziato come numero verso il quale tali SMS non dovranno più essere inoltrati, potendo comunque i dati restare conservati per eventuali altre finalità del trattamento ancora in corso, come l’esecuzione del contratto di servizio.

Cosa fare dunque per essere conformi a quanto disposto dal GDPR relativamente al diritto di opposizione?

  1. Rivedere le informative, controllando che agli interessati sia stato comunicato tale diritto correttamente, in maniera separata come richiesto dalle disposizioni del Regolamento e informare l’interessato dell’eventuale esistenza dell’interesse legittimo del titolare;
  2. Accertarsi dell’esistenza di un meccanismo che consenta all’interessato di esercitare agevolmente l’opt-out in particolare quando si tratta di operazioni svolte attraverso comunicazioni elettroniche (es. nelle newsletter o negli SMS), prevedendo sistemi automatizzati rispettosi delle disposizioni di cui alla direttiva n. 2002/58/CE;
  3. Tenere traccia delle opposizioni esercitate, informandosi vicendevolmente (titolari/responsabili): si pensi a responsabili del trattamento che si occupano per conto del titolare ad esempio delle operazioni di marketing diretto; sarebbe buona norma prevedere una specifica clausola nel contratto tra titolari e responsabili che regoli tale impegno.

Ad ogni modo, ha chiarito che in nessun caso i dati rilevati potranno essere impiegati per finalità disciplinari, al più solo il manager potrà richiamare il dipendente al contenimento dei consumi.